ITALIAN INSTABILE ORCHESTRA

Foto: ITALIAN INSTABILE ORCHESTRA

















Eugenio COLOMBO - soprano and alto sax, flute
Gianluigi TROVESI - alto sax, piccolo, alto and bass clarinet
Carlo ACTIS DATO - tenor and baritone sax, bass clarinet
Daniele CAVALLANTI - tenor and baritone sax
Alberto MANDARINI - trumpet
Guido MAZZON - trumpet
Pino MINAFRA - trumpet, flugel horn, megaphone
Martin MAYES - french horn
Lauro ROSSI - trombone
Sebi TRAMONTANA - trombone
Giancarlo SCHIAFFINI - trombone, tuba
Umberto PETRIN - piano
Emanuele PARRINI - violin
Paolo DAMIANI - cello, double bass
Giovanni MAIER - double bass
Tiziano TONONI - drums, percussion
Vincenzo MAZZONE - percussion, timpani

STORIA E ANEDDOTI
di Francesco Martinelli

L'Instabile nasce dai colloqui tra Pino Minafra, Vittorino Curci e Riccardo Bergerone in vista del Festival di Noci dove si esibisce nel 1990 con un primo gruppo di composizioni originali e un Lover Man arrangiato da Schiaffini per la intensa presenza vocale di Gioconda Cilio. Il concerto tuttavia passa senza lasciare, almeno nella critica, tracce particolarmente profonde. Il trombettista pugliese è testardo e riunisce di nuovo il gruppo per il Festival dell'anno dopo. Tre le composizioni presentate, di maggior durata: "Tuba Libre" di Schiaffini, "I virtuosi di Noci" di Tommaso, e il "Pierrot Solaire" di Gaslini. Qualcosa sembra muoversi, grazie alla eccellente reazione di stampa e organizzatori stranieri, e grazie anche all'arricchimento di formazione e repertorio. Gaslini e Tommaso fanno senza dubbio sentire il peso della loro esperienza. Soprattutto quest'ultimo indovina una felice combinazione, in cui passaggi impegnativi si sciolgono nella nota delicatamente umoristica di Munasterio 'e Santa Chiara affidato alla voce di Schiano. E' il primo repertorio dell'orchestra, che troviamo nel Cd realizzato dalla inglese Leo con registrazioni del secondo concerto di Noci (1991) e della prima uscita internazionale dell'Instabile, a Rive de Gier nel Gennaio 1992 (Live in Noci and Rive de Gier). Con 6 concerti, tutti all'estetro: in Francia, Italia, Germania e Svizzera, il 1992 segna il decollo dell'Instabile, e l'impatto dell'Orchestra sulla scena del jazz continentale è senza dubbio aiutato dalla uscita del Cd. In questa prima fase gli stessi musicisti che ne fanno parte sembrano ogni tanto incerti delle potenzialità e delle direzioni del gruppo, mentre si crea lentamente l'amalgama essenziale per raggiungere il massimo risultato.
Dopo un 1993 abbastanza faticoso, i cui pochi concerti riscuotono tuttavia notevole successo, da Le Mans al festival Controindicazioni di Roma, nel 1994 un nuovo salto di qualità avviene grazie alla decisione da parte della ECM di produrre un disco dell'Instabile. Avvenimento più unico che raro per la casa tedesca, le cui preferenze si sono finora indirizzate verso le algide atmosfere dei paesaggi nordici evocati da Jan Garbarek oltre che naturalmente alle virtuosistiche rapsodie di Keith Jarrett. Grazie all'interesse del giornalista inglese Steve Lake che collabora con l'etichetta di Monaco tuttavia il progetto prende corpo e si sostanzia in un Cd rigoroso, realizzato a Firenze nel maggio 1994 e pubblicato nel 1995. Esso contiene due sole ampie composizioni; rispetto alla avventurosa produzione del primo Cd il miglioramento tecnico è deciso, anche se il tipico "suono ECM" non è certamente il più adatto a valorizzare la ricchezza mediterranea dell'Instabile. Con il titolo della composizione di Gaslini, "Skies of Europe" viene pubblicato nel 1995, presentato a Cremona a un affollato concerto e accolto subito trionfalmente dalla critica, che in Italia gli attribuisce il premio di miglior Cd dell'anno nel referendum di Musica Jazz e che all'estero lo saluta con espressioni lusinghiere. E' una vera e propria consacrazione, solidamente basata sui pregi delle due suites di Tommaso e Gaslini; la brillantissima musica di Gaslini è più eclettica, con l'orchestra spesso suddivisa in piccoli gruppi in stile musica da camera, come il memorabile quartetto di sassofoni che costituisce il segmento dedicato a Marlene Dietrich, mentre l'emozionante composizione di Tommaso è proiettata in direzione della valorizzazione dell'orchestra che appare in tutta la sua bellezza.

Come tutte le consacrazioni contiene un elemento di rischio, che cioè l'Instabile cominci a imitare la sua immagine discografica come a molti gruppi e solisti è capitato. E' ben presto chiaro che questo non è destinato ad avvenire. Mentre si infittiscono i concerti in Italia e si allarga ad altre nazioni la presenza all'estero, l'orchestra fedele al suo nome attraversa profonde modifiche.
Il '96 è un anno di svolta: si consuma definitivamente il distacco con Gaslini e lo sgabello del piano viene occupato da Umberto Petrin; successivamente arriva in orchestra Enrico Rava, che riesce a inserire nel suo fittissimo carnet gli impegni con la Instabile e partecipa ben presto a pieno titolo alla vita dell'ensemble. Il trombettista italiano sta attraversando un momento magico, in cui tutto ciò che tocca si trasforma in oro: i Cd operistici, i suoi gruppi acustici ed elettrici, le collaborazioni con celebri jazzisti europei e delle due Americhe, e ci si può domandare il motivo di questa aggiunta Rava stesso lo ha spiegato con assoluta semplicità e immediatezza: è rimasto affascinato dall'Instabile. Inoltre nella sua carriera Rava si è già impegnato in formazioni analoghe, basta pensare alla Jazz Composers' Orchestra, alla Globe Unity e alle sue presenze nell'orchestra europea di Cecil Taylor.

Tra i molti aspetti ed episodi della vita dell'Instabile vale la pena di ricordare che l'orchestra ha vinto per ben quattro volte, negli anni 1992, 1994, 1995 e 1997, il referendum di Musica Jazz come miglior gruppo; e che tra le utili funzioni da essa svolta c'è stata anche quella di trampolino di lancio per giovani musicisti, come il trombettista Alberto Mandarini.
Dopo sette anni di intensa attività, l'Instabile sembra essere diventata l'esperienza di maggior peso e successo del jazz di casa a livello internazionale, malgrado una inspiegabile sordità della maggior parte dei festival italiani tradizionali. In questo senso appare largamente raggiunto l'obiettivo dei suoi iniziatori, sintetizzato così da Marcello Lorrai nel libro di Auditorium dedicato all'orchestra: "Minafra pensa a un consesso di improvvisatori che del jazz abbiano amorevolmente metabolizzato non solo il ricchissimo patrimonio, ma anche e ancora di più la lezione di non conformismo: musicisti quindi estranei a preoccupazioni di ortodossia e aperti alle suggestioni più varie. Ma pensa anche a un'orchestra con una impronta distintiva, che funzioni da baricentro per la espressione delle diverse individualità e da filtro rispetto alla dispersione degli stimoli: un'impronta spiccatamente italiana".


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